Riflessioni sul periodo Coronavirus di Alice Redetti
Avevo un biglietto aereo per andare a trovare mio padre il 26 marzo. Il volo è stato ovviamente cancellato la settimana scorsa e sarà rimborsato a breve come previsto.
Il fatto di non poter partire e di non potermi muovere come vorrei, in questi giorni mi ha messo davanti a un bel po’ di cose.
Incurante dei motivi mondiali che c’erano dietro, all’inizio ho visto la mia indignazione crescere… per il viaggio mancato, per il fatto di non potere andare a fare una passeggiata nella natura né di poter passare del tempo con un’amica.
Come se “qualcuno” mi stesse togliendo quello che era mio di diritto, in questo caso la libertà di muovermi quando mi pare. Come se ci fossi solo io. Come se quello che mi fa stare bene fosse stabilito da me a priori e non ci potessero essere variazioni di nessun tipo.
Anche se di solito sto a casa volentieri, ammetto che questa situazione all’inizio l’ho sentita come una forzatura e ho cercato di trovare escamotage di vario tipo, mi metto la tenuta da footing per uscire, faccio un giro più largo per andare a fare la spesa, ecc… così come abbiamo fatto un po’ tutti in questi giorni.
E poi mi sono arresa… stando lì dove ero, mettendo in pratica il non scappare, non per bravura ma perché davvero non c’era altra possibilità, rimanendo lì dove sembrava impossibile stare, è successo un miracolo: ho smesso di fare da intermediaria per la mia vita e ho accettato di ricevere direttamente dal fluire naturale dell'esistenza.
Così mi sono ritrovata spontaneamente, senza sapere cosa stessi facendo, in quel movimento umano che ci sta coinvolgendo tutti, in cui ognuno offre con gioia quello che ha da dare… qualsiasi sia la forma di questo dare, è un movimento d’amore meraviglioso e potente di scambio reciproco che ci fa andare oltre la paura e i nostri presunti limiti, e che ci proietta con slancio divino in questo indimenticabile momento di crescita collettivo.